Casi particolari TE

Casi particolari TE

CASO 1: Individuazione del titolare effettivo di una società di diritto italiano nella cui catena di controllo è presente un trust e pertanto le relative partecipazioni costituiscono i c.d. “beni in trust” (quando non esistono persone fisiche con partecipazioni superiori al 25% o persone fisiche che hanno il controllo dell’entità giuridica).
Il trust in questione ha sede in Lussemburgo e dal Registro UBO lussemburghese vengono individuati, quali titolari effettivi del trust, solo due soggetti (il trustee e il guardiano).
In sede di adeguata verifica, il cliente indica quali titolari effettivi, il trustee, il guardiano ed un beneficiario.
Il soggetto obbligato, nel prendere visione dell’ultima versione disponibile dell’atto istitutivo del trust, nota che in esso vengono indicati: il costituente, il guardiano, il trustee, il beneficiario ed un’altra persona fisica (indicata come soggetto che esercita il controllo sul trust e sugli stessi beni conferiti in trust).

POSSIBILE LETTURA INTERPRETATIVA DELLA QUESTIONE

La fattispecie che rileva è quella di un trust il cui patrimonio è costituito da partecipazioni che consentono di integrare il concetto di controllo della società partecipata.

In tali casi, non appare configurabile una situazione di controllo diretto da parte del trust; il trust non è infatti una società e non rientra quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 2359, comma 1, Codice Civile.
Anche nel caso in cui il trustee sia una società di capitali la dottrina maggioritaria ritiene non configurabile una fattispecie di controllo diretto, in quanto la partecipazione di controllo non appartiene alla persona giuridica in quanto tale, ma al trustee nell’esercizio del suo ufficio ed è un patrimonio separato rispetto al complesso dei beni del trustee medesimo.
Tuttavia, preme precisare che alcune ipotesi operative dell’utilizzo del trust in diritto societario deporrebbero a favore di ipotesi di controllo del trust sulle società poste al di sotto di esso nell’assetto partecipativo.
Ciò posto, si rammenta che l’art. 22, comma 5, D.Lgs. 231/2007, nel trattare di “titolarità effettiva di trust”, fa riferimento al/ai costituente/costituenti, al/ai fiduciario/fiduciari, al/ai guardiano/guardiani, al beneficiario o alla classe di beneficiari, nonché ad altre persone fisiche che esercitano il controllo sul trust (e/o sui beni conferiti in trust).
Nel caso prospettato pare sia opportuno individuare quali titolari effettivi della società le cui partecipazioni costituiscono i c.d. “beni in trust” tutti i soggetti indicati dall’art. 22 sopra citato, in quanto sebbene, come detto, non possa parlarsi di un’ipotesi di controllo (in senso civilistico), è opportuno sottolineare che le partecipazioni della società cliente siano tutte possedute dal trust e che, di fatto, sia il trust a “controllare” l’entità cliente.
In tale fattispecie sarebbe pertanto necessario confrontarsi con il cliente al fine di dirimere le incongruenze rilevate tra le informazioni relative alla titolarità effettiva consultabili nel predetto registro UBO lussemburghese, le informazioni ottenute in sede di adeguata verifica (tramite la modulitica AML) e quelle risultanti dall’atto istitutivo del Trust.

CASO 2: Individuazione del titolare effettivo di una società controllata da un fondo (quando non esistono persone fisiche con partecipazioni superiori al 25% o persone fisiche che hanno il controllo dell’entità giuridica).

POSSIBILE LETTURA INTERPRETATIVA DELLA QUESTIONE

L’assenza di linee guida e chiarimenti da parte delle autorità di vigilanza di settore (in particolare MEF, Banca d’Italia e Consob) come pure delle associazioni di categoria dei soggetti obbligati (Assirevi, ABI, Consiglio del Notariato, CNDCEC, etc.) e le differenti tipologie di fondi di investimento esistenti non consentono di individuare un’interpretazione univoca della normativa (tesi confermata anche dalle diverse posizioni interpretative adottate dai soggetti sottoposti ad adeguata verifica).

Un’interpretazione estensiva e cautelativa dell’art. 20 D.Lgs. 231/2007 porterebbe all’identificazione del Titolare Effettivo sia i) negli investitori del fondo che ii) negli amministratori della SGR in quanto si verifica, nel caso in questione, una divergenza nelle attività tipiche che caratterizzano la figura del titolare effettivo, ossia: (i) il beneficio economico derivante dai proventi delle operazioni (investitori), (ii) l’amministrazione dell’entità giuridica (gli amministratori della SGR).

Dal punto di vista della finalità della norma, sembrerebbe più coerente (e di maggiore interesse ai fini delle verifiche dei soggetti obbligati) identificare i titolari effettivi nell’ambito della SGR che amministra il fondo per i seguenti motivi:

1) in relazione ai fondi, non è configurabile il concetto di controllo, in assenza di un’autonoma soggettività giuridica di tali strumenti di investimento;

2) la gestione delle società partecipate dal fondo è affidata alla SGR e non agli investitori;

3) per i motivi di cui al punto che precede gli investitori, seppure titolari delle quote di partecipazione, risultano beneficiari “passivi” delle operazioni/attività di investimento realizzate dalla società di gestione e, quindi, di scarso interesse ai fini dell’identificazione della titolarità effettiva;

4) se pur vero che alla SGR è demandata la gestione del fondo, essa trae anche benefici economici (in termini remunerativi) dagli investimenti attuati e, più in generale, dalle attività di gestione da essa stessa determinati; non a caso alle assemblee delle società partecipate dal fondo intervengono normalmente i rappresentanti della SGR;

5) gli investitori possono variare anche nell’arco di brevi lassi temporali, specie se trattasi di fondi “aperti”, il che rischia di rendere in ogni caso poco attendibile la verifica del TE e di doverla reiterare periodicamente (attività che risulterebbe fuori controllo per i destinatari della Normativa AML).

CASO 3: Individuazione del titolare effettivo nel caso in cui la partecipazione di controllo (60%) dell’entità giuridica soggetta ad adeguata verifica sia stata ceduta in usufrutto ad un soggetto (figlio) mentre la relativa nuda proprietà sia rimasta in capo al Socio fondatore (padre). La restante parte del capitale sociale risulta detenuta da un azionariato diffuso e pertanto non vi sono altre persone fisiche con partecipazioni superiori al 25%.

POSSIBILE LETTURA INTERPRETATIVA DELLA QUESTIONE

Per usufrutto si intende il diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo però di rispettarne la destinazione economica (Cfr. art. 981 c.c.).
Il caso di usufrutto di quote societarie e diritto di voto (in assemblea) è disciplinato (nel suo perimetro essenziale) dall’art. 2352 c.c., primo comma “Nel caso di (…) usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria (…) all’usufruttuario”.
Lo stesso comma 1 dell’art. 2352 c.c. – che attribuisce il diritto di voto in toto all’usufruttuario – è espressamente derogabile per il tramite di una “convenzione contraria” intercorsa con il socio (ossia, il cd. “nudo proprietario” delle quote di azioni date in usufrutto).
Pertanto, nel caso di specie, in assenza di evidenza di patti parasociali (o di “convenzione contraria”), pare opportuno individuare quale titolare effettivo l’usufruttuario (il figlio).

CASO 4: Titolare effettivo di una fondazione costituita da enti pubblici identificato secondo il criterio residuale (ovvero presidente del consiglio di amministrazione) e relativa qualifica di Persona politicamente esposta.

POSSIBILE LETTURA INTERPRETATIVA DELLA QUESTIONE

Come è noto, l’art. 20, comma 4, D.Lgs. 231/2007, prevede che nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata di cui al D.P.R. n. 361/2000 (i.e. associazioni, fondazioni e istituti di diritto privato), il titolare effettivo debba coincidere con le seguenti persone fisiche:

a) fondatori, ove in vita;
b) beneficiari, ove individuati o facilmente individuabili;
c) titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione.

Nel caso di specie, non potendosi identificare i fondatori (in quanto trattasi di enti pubblici e non di persone fisiche), né tantomeno i beneficiari (in quanto non facilmente individuabili), dovrà necessariamente individuarsi quale titolare effettivo la persona fisica che all’interno della fondazione esercita poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione. Nel caso di specie, tale qualifica sarebbe adeguatamente rappresentata dal Presidente del CdA in questione, come identificato dal cliente in sede di adeguata verifica.

Ciò posto, occorre inoltre verificare se tale persona fisica possa o meno ricadere nella definizione di Persona politicamente esposta secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lett. hh), punto 1.7, D.Lgs. 231/20071 (vedi nota).

Pare che a tale quesito potrà rispondersi in senso affermativo qualora sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

 dall’atto costitutivo emerge che la fondazione è stata costituita, tra gli altri, da enti pubblici (i.e. Regioni, comuni, province etc.. che rivestono la qualità di soci fondatori) che gestiscono (e partecipano) a tutte le attività della fondazione medesima;
 il TE è presidente del Consiglio di Amministrazione della fondazione ed è stato nominato espressamente dai fondatori;
 in sede di adeguata verifica è lo stesso cliente che dichiara che il TE ricade nella definizione di PEP per via del “controllo di fatto” da parte di enti pubblici.

Pertanto, sebbene nel caso di specie non possa parlarsi di controllo inteso ai sensi dell’art. 2359 c.c., è ragionevole ritenere che, se ciò è altresì specificato nell’atto istitutivo, gli enti pubblici abbiano particolari poteri di controllo (di fatto) in qualità di fondatori.

Nota

Si rammenta che secondo la norma appena richiamata, si definiscono Persone politicamente esposta, fra gli altri, anche i “componente degli organi di amministrazione, direzione o controllo delle imprese controllate, anche indirettamente, dallo Stato italiano o da uno Stato estero ovvero partecipate, in misura prevalente o totalitaria, dalle Regioni, da comuni capoluoghi di provincia e città metropolitane e da comuni con popolazione complessivamente non inferiore a 15.000 abitanti”.